Dopo una pausa forzata di due settimane, dovuta a miglioramenti tecnici apportati nel nostro sito web, riprende la rubrica dedicata all’Educazione Civica; oggi verrà descritto il governo: l’organo che nel funzionamento di uno stato, detiene il potere esecutivo.
Il termine “governo” è utilizzato nel linguaggio giuridico, e politologico con vari significati. In un senso molto ampio il governo è l’insieme dei soggetti che in uno stato, a livello centrale o a livello locale, detengono il potere politico.
Degli esempi utili a capire tale concetto si notano molto bene nel contesto di uno stato democratico, in cui a livello centrale, il capo del governo è al vertice del potere esecutivo in tutto il territorio dello Stato; a livello locale, il sindaco di un comune detiene, invece, il potere esecutivo sono nell’ambito del territorio comunale.
In un senso ancora più ristretto, e che rappresenta l’oggetto della nostra trattazione, con governo s’intende uno solo organo costituzionale:, quello posto al vertice del potere esecutivo, dal quale dipende la pubblica amministrazione a livello centrale.
Da evidenziare che questo significato è valido solo dove vige la separazione dei poteri: nello Stato assoluto, infatti, con il governo si identifica con il monarca assieme ai suoi diretti collaboratori.
Forma di Governo adottata da uno Stato.
Nel caso specifico della Repubblica, occorre distinguere i casi in cui si tratta di una Repubblica di tipo Parlamentare o Presidenziale.
In una Repubblica Parlamentare, come nel caso dello Stato Italiano, la guida del governo è affidata ad una persona diversa dal Capo dello Stato, e che viene da quest’ultimo nominata ad esercitare il potere esecutivo. Il Capo del Governo, quindi in una Repubblica Parlamentare non viene eletto dal popolo.
Nel caso di una Repubblica Presidenziale, invece, il Capo dello stato assume anche l’incarico di guidare il Governo; tale situazione è riscontrabile negli U.S.A. In una Repubblica di tipo Presidenziale il Capo del governo che è anche il Capo dello Stato, viene eletto direttamente dal popolo.
Esiste, tuttavia un caso particolare rappresentato da una variante della Repubblica Presidenziale: la Repubblica Semi-Presidenziale, nella quale il Capo dello Stato e il Capo del Governo sono due cariche distinte e separate, ricoperte da due diverse persone. Tale Forma di Governo è adottata in Russia, in Francia, ed in alcuni stati africani ex colonie francesi.
Fra le curiosità che riportiamo a dovere di cronaca, si ricorda che la carica di Capo del Governo assume diverse denominazioni a seconda dello Stato; in Italia, ad esempio è molto frequente riferirsi al Capo del Governo con “Presidente del Consiglio” (o “Presidente del Consiglio dei Ministri”; a volte si ricorre, in ambito giornalistico alla denominazione “Capo dell’Esecutivo”), nel Regno Unito per riferirsi al Capo del Governo si usa il termine “Premier”, abbreviazione di “Prime Minister”, ovvero “Primo Ministro”; in Germania, si usa la parola “Cancelliere”, in altri paesi europei, infine, come la Spagna, la Slovenia, e la Croazia si usa dire “Presidente del Governo”.
Il Governo della Repubblica Italiana: generalità e composizione
Il Governo della Repubblica Italiana è un organo di complesso del sistema politico nazionale, composto dal Presidente del Consiglio dei Ministri, capo del governo, dai ministri, che formano il Consiglio dei ministri, ed infine, da viceministri e sottosegretari; esso costituisce il vertice del potere esecutivo.
Sia il Presidente del Consiglio, sia i ministri da esso proposti, sono nominati dal Presidente della Repubblica.
Ci sentiamo in dovere, a tale proposito, di ribadire che in Italia, essendo presente una forma di governo parlamentare, si esclude a priori l’eleggibilità diretta del Capo del Governo da parte dal popolo.
Il governo attuale, in carica dal 22 ottobre 2022, è guidato da Giorgia Meloni, leader del partito “Fratelli d’Italia”. Si tratta del primo Governo, in Italia. presieduto da una donna.
Il titolo III, sezione II, della Costituzione determina la disciplina e le funzioni del Governo. In generale, fanno parte del governo anche dei sottosegretari di Stato, ad alcuni dei quali può essere conferito il titolo di viceministro.
È presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri, che è al quarto posto nell’ordine di precedenza delle cariche italiane (dopo il Presidente della Repubblica, il Presidente del Senato, il Presidente della Camera dei deputati e prima del presidente della Corte Costituzionale), pur essendo, di fatto, quella di maggior visibilità nella vita politica ordinaria.
Per quanto riguarda i ministri è doveroso evidenziare il loro duplice ruolo, in quanto ognuno di essi è membro del Consiglio dei Ministri che è un organo collegiale, ma a sua volta un ministro è un organo monocratico poiché viene posto a capo di un ministero (o dicastero).
I ministeri (chiamati anche “dipartimenti” in altri paesi) sono apparati organizzativi nei quali si divide la pubblica amministrazione dipendente dal governo, ognuno dei quali preposto a svolgere compiti specifici su determinati ambiti: sanità, difesa, affari interni, affari esteri, economia, giustizia, ecc.
L’organizzazione dei ministeri assicura al governo l’applicazione del suo indirizzo politico nell’attività amministrativa. I ministeri possono emanare provvedimenti, ove previsto dalla legge, detti decreti ministeriali.
Esistono dei ministri che pur essendo membri a tutti gli effetti del Consiglio dei Ministri, non sono preposti ad alcun ministero; in tal caso vengono definiti: “ministri senza portafoglio”; sono insediati presso la presidenza del consiglio dei ministri e svolgono solo le funzioni che vengono loro delegate dal presidente del consiglio.
Per quanto concerne, infine, i sottosegretari di Stato, essi sono nell’ordinamento giuridico Italiano, dei componente del Governo con la funzione di coadiuvare i ministri ed esercitare i compiti che gli siano stati delegati dal proprio ministero.
Nomina del Governo: dalla fase preparatoria delle consultazioni possono aprirsi diversi scenari
Il presidente del Consiglio dei ministri è nominato dal presidente della Repubblica dopo una serie di consultazioni che vede coinvolti i presidenti dei due rami del parlamento, gli ex presidenti della repubblica, e i rappresentanti dei gruppi parlamentari.
La fase preparatoria delle consultazioni può evolversi in diversi modi, a seconda dei quali potrebbero aprirsi vari scenari.
Il mandato esplorativo
Se le consultazioni dovessero evolversi con un esito negativo, il Capo dello Stato potrebbe affidare l’incarico della formazione di un nuovo governo ad una personalità super partes diversa dal candidato premier indicato, grazie a un mandato esplorativo.
Il mandato esplorativo, noto anche come incarico esplorativo, è un’opzione che viene usata principalmente quando c’è una grave crisi di Governo che non sembra portare a una maggioranza utile per continuare i lavori, oppure quando si fatica a trovare una figura premier che possa contare su una maggioranza in Parlamento.
Bisogna, tuttavia, fare una distinzione tra mandato esplorativo e pre-incarico, quest’ultimo viene dato al potenziale premier, mentre l’incarico esplorativo viene affidato ad una carica istituzionale non destinata a diventare il prossimo Presidente del Consiglio, e che sia al di sopra delle parti politiche elette.
In genere, il mandato esplorativo viene affidato dal Presidente della Repubblica al Presidente della Camera dei Deputati o al Presidente del Senato.
Non essendo una procedura prevista dalla Costituzione Italiana, non esiste una tempistica specifica entro la quale questa opzione può essere usata, tutto dipende da come procedono le consultazioni.
Grazie al mandato esplorativo, il detentore può svolgere diversi incontri con le forze politiche elette per poi informare il Capo dello Stato sulla situazione del Parlamento, il quale deciderà poi come meglio procedere.
L’accettazione dell’incarico di formare un nuovo governo, e la riserva
Se le consultazioni hanno un esito favorevole, e quindi viene individuato una personalità capace di ottenere la fiducia di una maggioranza parlamentare, allora l’incarico di formare un nuovo esecutivo per prassi e consuetudine viene in genere accettato «con riserva», ovvero con la possibilità di rifiutarlo nel caso in cui il Presidente incaricato fallisse nel suo compito.
In caso di scioglimento negativo della riserva, il Presidente della Repubblica ripeterà le consultazioni al fine di trovare una nuova personalità da incaricare, e nel caso constatasse l’impossibilità di dare un nuovo incarico, decreterà lo scioglimento delle Camere (tranne negli ultimi sei mesi del suo mandato settennale).
In caso, invece, di scioglimento positivo della riserva, l’incarico viene accettato e contestualmente il Presidente del Consiglio incaricato presenta la proposta di lista dei ministri al Capo dello Stato, il quale potrà accettarla o rifiutarla, anche solo parzialmente, per inopportunità chiedendo di individuare altre personalità.
Al fine di sciogliere la riserva, il Presidente del Consiglio incaricato tiene delle proprie consultazioni con le delegazioni delle forze politiche presenti in Parlamento, al fine di individuare programma, e la struttura del governo in formazione.
Con lo scioglimento positivo della riserva, seguiranno il decreto del Presidente della Repubblica di accettazione delle dimissioni del governo ancora in carica per il disbrigo degli affari correnti, e quindi i decreti di nomina dei nuovi ministri e prima di assumere le funzioni, ai sensi dell’Art. 93 della Costituzione, il giuramento degli stessi nelle mani del Presidente della Repubblica.
Al nuovo governo in carica non resta che presentarsi entro dieci giorni alle Camere per ottenere da entrambe la fiducia (Art. 94). In caso contrario il governo è costretto a dimettersi aprendo una nuova crisi di governo.
Ottenuta la nomina, il governo giura nelle mani del presidente della Repubblica ed entro dieci giorni dalla sua formazione si reca in entrambe le camere del Parlamento, le quali, tramite una mozione motivata e votata per appello nominale (detta “mozione di fiducia”), gli accordano o gli negano la fiducia.
In pratica il governo dura finché ha la fiducia di entrambe le Camere del Parlamento.
Un governo entra in carica solo provvisoriamente con il giuramento: l’investitura del governo diventa definitiva soltanto con il voto di fiducia di entrambe le camere. Nel caso di mancata approvazione delle Camere ad un nuovo governo, e se il presidente della Repubblica, vista la situazione, scioglie il Parlamento, il governo che non ha avuto l’investitura, ma ha giurato, rimane in carica per la normale amministrazione, e può anche durare più di un mese, se la crisi si prolunga anche dopo l’esito delle nuove elezioni.
La Costituzione non prevede il potere di revoca del governo da parte del presidente della Repubblica. Non si tratta di una lacuna: il potere di far cessare il governo è attribuito dalla Costituzione a ciascuna camera del Parlamento che può, negandogli la fiducia, determinarne la caduta al pari delle dimissioni. Il presidente della Repubblica è invece estraneo al rapporto fiduciario con il governo e non lo può revocare.
Le funzioni del governo
Il governo, come organo situato al vertice dell’amministrazione dello Stato, esercita il potere esecutivo, tuttavia, pur essendo proprio questo il suo compito principale, assolve anche altre funzioni, fra cui: la presentazione al Parlamento del rendiconto annuale dello Stato, proporre una legge finanziaria (detta anche legge di stabilità) per regolare la politica economica del paese per un triennio, e può, inoltre, sollevare la questione di legittimità rispetto alle leggi regionali (Artt. 123 e 127 cost.) nel caso ritenga che un consiglio regionale abbia ecceduto nelle sue competenze.
Fra le altre funzioni svolte dal governo vi è anche l’emanazione di atti aventi forza di legge che, tuttavia, devono essere convertiti in legge, e approvati dal Parlamento entro tempi ben precisi, o devono partire proprio dall’iniziativa parlamentare, come verrà spiegato nel prossimo paragrafo.
Decreti legge e Decreti legislativi
Anche se, il potere legislativo è affidato al Parlamento che emana le leggi ordinarie, in casi particolari di necessità o per materie particolarmente complesse e tecniche è previsto l’intervento del Governo. In tali casi il Governo può emanare a seconda dei casi dei Decreti Legge oppure dei Decreti Legislativi.
Il Decreto Legge (indicato con la sigla D.L.), disciplinato dall’art. 77 della Costituzione, viene emanato dal Governo in caso di necessità e urgenza.
Si tratta di una deroga alla formazione delle leggi nell’ordinamento italiano che, sulla base di quanto disposto dalla Costituzione, sono emanate dal Parlamento.
Secondo quanto disposto dall’Art. 77 dalla Costituzione: “Il Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria.
Quando, in casi straordinari di necessità e di urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni.
I decreti perdono efficacia sin dall’inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione. Le Camere possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti”.
A differenza del Decreto Legge, il Decreto Legislativo (D.Lgs.) può essere emanato dal Governo soltanto su delega del Parlamento.
Nella delega parlamentare ai sensi dell’art. 76 della Costituzione, devono essere indicati contenuti e tempi dell’emanazione del D.Lgs.
Con la legge delega il Parlamento demanda al Governo il potere di emanare Decreti Legislativi su materie complesse e specifiche, come Testi Unici o Codici, che se sottoposte al procedimento ordinario di formazione delle leggi causerebbero ritardi, e rallentamenti nei lavori parlamentari.
Il Decreto Legge, così come indicato dall’art. 77 della Costituzione, può essere emanato dal Governo come atto avente forza di legge ordinaria soltanto nei casi di necessità e urgenza.
Si pensi, ad esempio, ai casi di calamità naturali, per i quali è necessario un intervento normativo immediato. In questi casi, il Governo può decidere in autonomia di emanare leggi le quali, tuttavia, devono obbligatoriamente essere presentate lo stesso giorno al Parlamento e approvate e convertite in legge dal Parlamento entro 60 giorni, pena la perdita di valore retroattiva, ovvero dal momento della loro entrata in vigore.
A differenza del Decreto Legge, nel quale il Parlamento ha potere successivo all’emanazione dell’atto avente forza di legge ordinaria, con il Decreto Legislativo è lo stesso Parlamento che demanda al Governo l’emanazione di leggi.
Con il Decreto Legislativo il Parlamento, attraverso la legge delega, chiede esplicitamente al Governo di emanare leggi riguardanti discipline particolarmente complesse e articolate, le quali richiedono pareri tecnici e specifici. Con la legge delega che precede l’emanazione del Decreto Legislativo, il Parlamento, nel rispetto della funzione legislativa attribuita dalla Costituzione, disciplina materia, tempi di emanazione e limiti della potestà legislativa del Governo.
La differenza principale tra Decreto Legge e Decreto Legislativo sta nel fatto che il percorso nell’emanazione della legge è inverso: mentre nel primo caso il Governo ha totale autonomia e solo successivamente l’atto è sottoposto al voto del Parlamento, il Decreto Legislativo parte dalla legge delega, emanata dal Parlamento nel rispetto del principio costituzionale della separazione dei poteri.
La trattazione del Governo termina qui, sperando come al solito di avere riscontrato il vostro interesse, vi diamo appuntamento alla settimana prossima, con la pubblicazione del nuovo articolo dedicato alla Magistratura.
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