Le ragioni sono complesse e intrecciate, ma un filo conduttore emerge: l'emozione.
Le questioni esterne, spesso presentate come conflitti tra "noi buoni" e "loro cattivi", riescono a toccare corde emotive profonde: rabbia, indignazione, pietà. La narrazione diventa epica, una lotta manichea tra il bene e il male. E in questo schema narrativo, il singolo cittadino si sente parte di qualcosa di più grande, un eroe potenziale in una battaglia globale.
Al contrario, i problemi interni come la sanità o la scuola sono più complessi e sfumati. Manca il nemico da additare, spesso il "cattivo" a cui dare la colpa. Sono questioni sistemiche, con cause profonde e soluzioni intricate. E in questo marasma, l'individuo rischia di sentirsi impotente, insignificante. La narrazione diventa meno coinvolgente, meno emozionante.
Inoltre, le questioni esterne spesso arrivano a noi già "confezionate" da media e politici, con una narrazione predefinita che incanala l'indignazione verso un bersaglio preciso. Al contrario, i problemi interni richiedono un'analisi più critica, una maggiore comprensione delle dinamiche spesso confuse e contraddittorie. Un impegno cognitivo che non tutti sono disposti a fare.
In questo scenario, le ideologie radicali, di destra o di sinistra, trovano terreno fertile. Sfruttando l'emotività e la semplificazione narrativa, riescono a mobilitare i cittadini attorno a nemici comuni e soluzioni preconfezionate. Offrono un senso di appartenenza e identità, un ruolo da protagonista nella lotta contro il male.
I social media hanno reso più facile per le persone condividere notizie e opinioni, ma hanno anche contribuito alla polarizzazione e alla diffusione di informazioni fuorvianti.
Ma è importante non farsi ingannare dalle apparenze. La mobilitazione emotiva non è sinonimo di impegno reale. Spesso si esaurisce in gesti simbolici o sfoghi di rabbia, senza portare a cambiamenti concreti. Al contrario, un impegno consapevole sui temi interni, anche se meno emozionante, può avere un impatto duraturo sulla società.
Perciò, la prossima volta che vi sentite spinti a scendere in piazza per una causa estera, fermatevi a riflettere. Che cosa vi muove davvero? È l'indignazione per un'ingiustizia o il bisogno di sentirvi parte di qualcosa? E se quell'energia la rivolgessimo ai problemi del nostro Paese, che impatto potremmo avere? La vera sfida è trasformare la mobilitazione emotiva in un impegno concreto per il bene comune, vicino e lontano.
