Ogni anno il fiume Po trasporta in mare circa 40 tonnellate di plastica. È il più grande contributore italiano all’inquinamento del Mediterraneo, secondo recenti studi scientifici condotti tra il 2023 e il 2024. Ma il dato più sconcertante è che questa cifra rappresenta solo una parte del problema: la plastica che non arriva al mare si deposita nei sedimenti, nei pesci e lungo le sponde. Cosa ci sta dicendo il fiume più lungo d’Italia sul nostro futuro?
Un’indagine senza precedenti: quanto inquina davvero il Po
Nel 2024, l’Università di Bologna e l’Istituto per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) hanno pubblicato i risultati di una campagna pluriennale di monitoraggio sul bacino del Po. L’indagine, basata su droni, sensori subacquei e campionamenti mensili, ha evidenziato che il fiume trasporta ogni anno tra le 30 e le 40 tonnellate di plastica visibile, ma anche una quantità ancora più elevata di microplastiche invisibili, le più pericolose per la catena alimentare.
La concentrazione più alta è stata registrata all’altezza di Ferrara, dove il Po rallenta e la plastica tende ad accumularsi prima di essere trascinata nel delta.
Dove finisce questa plastica? Nel nostro cibo
Gli scienziati hanno trovato microplastiche in cozze, vongole e anche nel pesce pescato nel Mar Adriatico settentrionale. Le particelle sono così piccole da passare attraverso le branchie o essere ingerite con il plancton. Alcuni studi del 2024 del CNR stimano che ogni italiano potrebbe ingerire fino a 5 grammi di plastica alla settimana, l’equivalente di una carta di credito, tramite l’alimentazione e l’acqua potabile.
Tecnologia al servizio del fiume: i primi robot raccogli-plastica
Una risposta innovativa sta arrivando grazie alla tecnologia. Il progetto “Po River Cleanup”, lanciato nel 2024 da una startup torinese in collaborazione con Legambiente, prevede l’impiego di piccoli robot galleggianti in grado di intercettare i rifiuti galleggianti prima che raggiungano il mare. Alimentati da pannelli solari, i robot possono raccogliere fino a 50 kg di rifiuti al giorno, con un impatto ambientale minimo.
I primi test sono stati condotti a Piacenza, e i risultati sono stati promettenti: in due settimane, il sistema ha recuperato oltre una tonnellata di plastica.
L’appello degli scienziati: serve un piano nazionale
Il bacino del Po rappresenta il cuore produttivo del paese, ma anche il suo punto debole ambientale. I ricercatori chiedono un intervento sistemico: incentivi per la riduzione della plastica monouso, una gestione più efficiente dei rifiuti nei comuni del bacino e un monitoraggio continuo dei corsi d’acqua.
Nel frattempo, i cittadini possono fare la differenza: ridurre il consumo di plastica, partecipare alle giornate di pulizia fluviale e sostenere le campagne di sensibilizzazione locali.