Era il 1994 quando un operaio moldavo si presentò al confine tra Moldavia e Romania con una valigia misteriosa. Ai controlli dichiarò di trasportare semplici documenti, ma il contenuto era ben più inquietante: al suo interno, nascosto sotto un doppio fondo, c’era del Cesio-137, un isotopo radioattivo altamente pericoloso, lo stesso usato nelle bombe sporche.
La notizia fece rapidamente il giro dell’Europa: un cittadino qualsiasi era riuscito a trasportare materiale nucleare in una comune valigia da viaggio, apparentemente senza troppi ostacoli. Le autorità, incredule, capirono subito che l’uomo non aveva agito da solo.
Un traffico invisibile
L’episodio portò alla luce un mondo sotterraneo di cui fino a quel momento si sapeva poco: il traffico illegale di materiale radioattivo nell’Est Europa dopo il crollo dell’Unione Sovietica. Con la dissoluzione del blocco sovietico, molti siti militari e scientifici rimasero incustoditi, e diverse sostanze pericolose finirono sul mercato nero.
Quella valigia non fu un caso isolato: negli anni successivi, furono sequestrati altri container e valigie contenenti uranio, plutonio e materiali radiologici in Georgia, Ucraina e Bulgaria.
Il piano (folle) del “cliente”
Ma cosa voleva farci il misterioso acquirente del Cesio? Secondo l’intelligence romena, che seguì il caso per mesi, l’obiettivo non era una bomba convenzionale, ma un dispositivo di contaminazione ambientale, capace di creare panico e danni sanitari in una zona urbana semplicemente abbandonando il materiale in un luogo affollato.
Un’arma silenziosa e invisibile, difficile da individuare, e devastante sul piano psicologico.
Le conseguenze
L’incidente di Milánówek (diventato famoso col nome in codice "Operazione Valigia") spinse l’Unione Europea ad avviare una serie di controlli sistematici su porti, aeroporti e confini dell’Est. Venne anche istituito un registro europeo delle fonti radioattive e furono potenziate le unità anti-traffico nucleare di Europol.
Anche l’Italia ne fu indirettamente coinvolta: a Trieste fu intercettato, nel 1998, un altro carico sospetto, proprio grazie ai protocolli nati dopo l’episodio moldavo.