Nella seconda metà dell’Ottocento, in piena epoca vittoriana, circolava tra gli accademici europei una curiosa convinzione: esisteva un ragno capace di emettere suoni simili a un canto. Secondo alcuni naturalisti, questo animale viveva in Sud America e poteva “cantare” per attrarre la femmina, produrre vibrazioni melodiche e persino emettere note riconoscibili all’orecchio umano.
L’idea conquistò riviste scientifiche, pamphlet divulgativi e salotti intellettuali. C’era solo un problema: il ragno cantante non è mai esistito.
L'origine dell’equivoco
La credenza nasce da un malinteso durante alcune spedizioni naturalistiche in Amazzonia. Alcuni esploratori europei riferirono di aver udito suoni acuti e ritmati provenienti da zone dove si trovavano anche grandi esemplari di ragni Theraphosa, simili a tarantole. Questi suoni vennero erroneamente attribuiti ai ragni stessi, senza alcuna verifica.
In realtà, si trattava dei versi emessi da alcune rane arboricole o da insetti notturni, ma l’associazione si radicò nei rapporti scientifici dell’epoca, rafforzata da disegni fantasiosi che rappresentavano il ragno con piccole “corde vocali” o con organi vibranti simili a quelli di un grillo.
La credibilità della scienza... sotto esame
Per quasi vent’anni, l’ipotesi del “ragno cantante” fu discussa seriamente. Alcuni zoologi cercarono persino di isolare l’insetto in laboratorio per registrarne il canto, senza mai ottenere prove concrete. Eppure, il mito andò avanti, alimentato dalla suggestione e dalla scarsa possibilità di verifica diretta da parte della comunità scientifica europea.
Fu solo verso la fine del XIX secolo che nuovi studi, più rigorosi e basati sull’osservazione diretta in loco, smentirono definitivamente la leggenda. I ragni non cantano. Al massimo, sfregano alcune parti del corpo per emettere suoni meccanici (detti “stridulazioni”), ma niente di simile a un “canto”.
Un errore utile
Oggi questo episodio è spesso citato nei corsi di storia della scienza come esempio di bias di conferma: quando una teoria piace o affascina, la mente tende a ignorare le prove contrarie. L’idea di un ragno melodico era talmente affascinante da superare il rigore scientifico di molti studiosi.
Paradossalmente, proprio questo errore ha insegnato alla scienza moderna l’importanza della verifica sperimentale, della ripetibilità e dello scetticismo metodologico.