Immagina di camminare nella fitta giungla amazzonica all’alba, quando ogni foglia stilla rugiada e l’aria è carica di suoni esotici. All’improvviso, noti qualcosa di strano: una trentina di formiche immobili, allineate lungo il sentiero, come in un breve corteo funebre. Sono immobili, con la mandibola serrata su una foglia… e nessuno più muove un solo passo.
Quello che stai osservando non è un fenomeno paranormale, ma il risultato di una delle tecniche di manipolazione biologica più incredibili che la natura abbia mai inventato. Il protagonista – o meglio, l’artefice – è un fungo parassita del genere Ophiocordyceps, noto popolarmente come “fungo zombie”.
L’invasore silenzioso
Tutto inizia quando una singola spora microscopica si deposita sul corpo della formica, di solito di specie Camponotus. La spora germina, penetrando la corazza chitinosica dell’insetto, e inizia a proliferare all’interno del suo addome. Per giorni, l’ospite continua a muoversi, apparentemente normale, mentre il fungo si nutre lentamente dei tessuti interni.
Il richiamo alla morte
A un certo punto, una sostanza chimica prodotta dal fungo altera il comportamento della formica: invece di rientrare nel formicaio, l’insetto inizia a risalire fusti e foglie, fino a fermarsi su una superficie inferiore a circa 25 cm da terra, con la mandibola serrata in un “morso finale” su una venatura foliare. Qui, la formica rimane per 24–48 ore, sotto condizioni di temperatura e umidità ottimali per il fungo.
La fioritura del parassita
A questo punto, il corpo dell’insetto serve da “scaffold” per il fungo: un lungo stroma filiforme spunta dalla nuca della formica, crescendo lento ma inesorabile. Dopo circa una settimana, piccole spore mature si disperdono nell’ambiente circostante, pronte a infettare altre formiche ignare.
Un fenomeno che ha ispirato la fantascienza… e la scienza
Questo ciclo di vita, documentato per la prima volta da naturalisti alla fine del XIX secolo, ha ispirato racconti horror e persino episodi di documentari – ma resta un’opera d’arte biologica. I ricercatori oggi studiano le molecole prodotte dal Cordyceps per comprenderne le applicazioni farmacologiche: alcuni composti sembrano avere attività antimicrobiche e persino antitumorali.