Negli anni '60 e '70, il governo degli Stati Uniti mise in atto un progetto tanto ambizioso quanto inquietante: tentare di modificare la potenza degli uragani attraverso un esperimento scientifico chiamato Project Stormfury. L’obiettivo? Indebolire le tempeste tropicali prima che raggiungessero la costa americana, salvando vite umane e limitando i danni economici. Ma quello che successe fu qualcosa che sollevò più domande che risposte.
Il piano prevedeva l’utilizzo di ioduro d’argento, una sostanza in grado di alterare la formazione delle nubi. Gli scienziati americani, a bordo di aerei militari, volavano direttamente dentro gli uragani per disperdere la sostanza nelle nubi più pericolose, sperando così di destabilizzare l’occhio della tempesta e ridurne l’intensità.
Uno degli esperimenti più noti fu condotto sull’uragano Debbie nel 1969. Dopo la "semina", gli strumenti rilevarono un apparente calo della forza del ciclone, portando molti a pensare che il progetto fosse un successo. Ma l'euforia durò poco. Studi successivi dimostrarono che le fluttuazioni di potenza erano probabilmente naturali, e che l’intervento umano non aveva avuto l’effetto sperato.
Nonostante le incertezze scientifiche, Stormfury sollevò questioni etiche enormi: era giusto interferire con la natura a quel livello? E se un uragano "deviato" finiva per distruggere un’altra città? Il progetto fu gradualmente abbandonato nel 1983, ma resta una testimonianza potente di quanto l’uomo sia disposto a spingersi oltre per dominare le forze della natura.