Nel cuore del deserto egiziano, tra le sabbie intrise di storia e le tombe dei faraoni, si nasconde un enigma che ha sfidato per secoli archeologi e studiosi: la "mummia urlante", una delle scoperte più inquietanti dell’antico Egitto. Ma chi era davvero questa figura deformata dall’agonia e perché il suo volto è rimasto congelato in un'espressione di orrore?
Una scoperta che inquietò il mondo
Nel 1881, nella tomba collettiva DB320 a Deir el-Bahari, vicino a Luxor, vennero ritrovate oltre 40 mummie reali, tra cui i faraoni Ramses II e Seti I. Ma accanto a queste glorie del passato, ce n’era una che stonava completamente: una mummia avvolta in pelle di pecora (materiale impuro per gli Egizi), con la bocca spalancata in un grido eterno, mani e piedi legati, corpo contorto.
Fu soprannominata “la mummia urlante”, e da allora il mistero si è infittito.
La teoria del figlio maledetto
Uno dei primi a studiarla fu Émile Brugsch, egittologo tedesco, che ipotizzò si trattasse di un principe condannato per tradimento. Alcuni papiri ritrovati nel XX secolo sembrerebbero confermare questa teoria: durante il regno di Ramses III, uno dei suoi figli, Pentaur, avrebbe partecipato a un complotto per uccidere il faraone e usurpare il trono. Quando il piano fallì, il giovane venne costretto a suicidarsi con il veleno – un gesto considerato vergognoso e punito con la privazione dei rituali funebri sacri.
Questo spiegherebbe la bocca spalancata, forse segno di un’agonia velenosa, e il fatto che fosse stato avvolto in pelle di pecora, simbolo d’impurità, per impedirgli il passaggio nell'aldilà.
Analisi moderne, dubbi antichi
Studi forensi recenti, condotti grazie alla tomografia computerizzata e al DNA mitocondriale, hanno confermato che la mummia apparteneva a un maschio tra i 18 e i 22 anni, con legami genetici con Ramses III. Tutto sembra combaciare con la figura del principe Pentaur.
Eppure, non tutto è chiaro. Gli esami non hanno trovato tracce evidenti di veleno, né segni certi di strangolamento o trauma fisico. E allora cosa ha davvero causato quell’espressione di terrore? È possibile che la mummia sia stata posta in quella posizione intenzionalmente, come parte di un rituale sconosciuto? Oppure siamo davanti a un raro caso di rigor mortis naturale, mai interrotto dalla mummificazione?
Una condanna eterna o un grido di verità?
Gli egittologi più mistici vedono nella mummia urlante un simbolo di maledizione: un’anima che non troverà mai pace, incatenata per l’eternità alla sua colpa. Ma altri suggeriscono una lettura diversa: e se invece quella bocca aperta fosse un messaggio, un ultimo tentativo di denunciare un’ingiustizia mai raccontata?