Nel 1833, un uomo di nome Momolu Duwalu Bukele, appartenente al popolo Vai della Liberia, fece un sogno che avrebbe cambiato per sempre la sua comunità: vide figure misteriose che gli mostravano strani segni scritti su foglie, accompagnati dal messaggio che quella era la scrittura del suo popolo.
Quando si svegliò, Momolu si mise all’opera: nel giro di poche settimane creò un alfabeto completamente nuovo, non basato su alcun sistema esistente, per trascrivere la lingua Vai, parlata da circa 100.000 persone ma fino ad allora priva di una forma scritta.
Il risultato fu uno dei rari casi di scrittura autoctona nata in Africa subsahariana senza influenza esterna. Un fatto che ha affascinato linguisti, storici e antropologi per secoli. L’alfabeto Vai, ancora oggi in uso, è composto da circa 200 simboli sillabici e rappresenta uno dei pochi esempi viventi di un sistema grafico nato da un'intuizione personale… o da una visione onirica.
La sua creazione ebbe anche un significato profondo: dare dignità a una lingua e a un popolo che erano stati ignorati o dominati da sistemi culturali e religiosi esterni, inclusi quelli coloniali ed europei. Il Vai script è oggi riconosciuto come Patrimonio Culturale della Liberia e studiato in università di tutto il mondo.
Ma ciò che lo rende ancora più straordinario è che Momolu non sapeva né leggere né scrivere in alcun'altra lingua. Non conosceva il latino, l’arabo né altri alfabeti. Il suo sistema nacque puramente dall’intuizione… o, come raccontano i discendenti Vai, da una visita divina in sogno.



