Nel cuore dell’Italia centrale, tra i monti dell’Umbria e le valli del Lazio, esiste un ponte in pietra che sfida ogni logica. Non per l'altezza, né per la lunghezza. Ma perché fu progettato e costruito da un eremita analfabeta, senza alcuna formazione tecnica, e con strumenti rudimentali. Nessuna squadra di ingegneri. Nessun progetto architettonico. Solo fede, pazienza e mani callose.
Questa è la storia quasi dimenticata di Fra’ Diavolo, al secolo Giovanni Battista Orsenigo, un umile religioso che, nel 1835, cominciò a costruire da solo un ponte in pietra sopra un burrone. Ci mise 34 anni, ma ci riuscì.
Un uomo solo contro l’impossibile
Orsenigo era un contadino del bergamasco, diventato frate laico e poi eremita sulle montagne umbre, nei pressi di Marmore. Viveva in una grotta, aiutava i pellegrini e coltivava ortaggi. Ma ogni giorno doveva attraversare un tratto pericoloso e impervio per raggiungere la messa in un monastero vicino. Quel passaggio, d'inverno, diventava un incubo.
Un giorno, stanco di rischiare la vita, decise che avrebbe costruito un ponte. Ma non un trabiccolo di legno: un vero ponte in pietra a campata unica, come quelli dei romani. Lo avrebbe fatto da solo.
Nessuna istruzione, solo osservazione
Orsenigo non sapeva né leggere né scrivere. Ma era un osservatore acuto. Per anni aveva guardato da vicino i ponti medievali della zona, imparando visivamente come funzionavano archi, chiavi di volta, scarichi del peso.
Con rudimentali carrucole, corde, martello e scalpello, cominciò a trasportare le pietre una ad una, levigarle e posizionarle. Senza cemento. Solo incastri perfetti.
Ogni mattina saliva sul cantiere e proseguiva il lavoro. Quando non c’erano fondi, chiedeva l’elemosina. Quando le forze mancavano, pregava. Quando il maltempo lo bloccava, si sedeva a guardare le pietre, cercando soluzioni.
Il miracolo prende forma
Nel 1869, dopo 34 anni di lavoro, il ponte era pronto. Solido, elegante, funzionale. E resiste ancora oggi. Nessuna crepa, nessun crollo. È noto nella zona come “Il Ponte dell’Eremita”, anche se alcuni lo chiamano “il ponte del diavolo” per l’impresa sovrumana che rappresenta.
Nel 2002, un gruppo di ingegneri lo ha analizzato con strumenti moderni. Il verdetto? Una struttura perfettamente calcolata, con un sistema di scarico del peso degno di un ponte progettato in laboratorio. Eppure, era frutto solo dell’intuito di un uomo solitario e testardo.