Quante volte lo abbiamo sentito?
“Tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino.”
Oggi si usa per indicare qualcuno che, a forza di insistere o tentare qualcosa di rischioso, prima o poi verrà colto in fallo.
Lo si dice di chi ruba, di chi mente, di chi persevera in comportamenti scorretti. Ma da dove arriva questa curiosa immagine felina? E ha senso ancora oggi?
Origini contadine (e molto concrete)
Il proverbio nasce in ambito rurale, quando il lardo era un bene prezioso: si conservava appeso in dispensa o nella stalla, spesso avvolto in panni, lontano da mani e… zampe indiscrete. Ma le gatte, come si sa, sono golose, agili e ostinate. Così, a furia di tornare e tornare a “rubare”, finivano per essere scoperte, magari lasciando lo zampino infangato o qualche traccia sul pavimento.
Il proverbio, quindi, affonda le sue radici in una situazione reale, osservata e raccontata nella quotidianità contadina.
Curiosità linguistiche
Molti credono erroneamente che la frase corretta sia:
“Tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo stampo.”
Questa variante, pur diffusa, è un errore linguistico, frutto di una reinterpretazione fonetica di “zampino” come “stampo”. Ma nella versione originale (testimoniata già in fonti del '700), si parla proprio della zampa della gatta, non di impronte in senso astratto.