«Cosa manca ancora nella ricostruzione di un caso di 30 anni fa e i cui processi sono chiusi da un pezzo?». Due giornalisti lucani, Fabio Amendolara, cronista del quotidiano la Verità e del settimanale Panorama, e Fabrizio Di Vito, reporter della Nuova del Sud e della Nuova Tv, se lo sono chiesti quando hanno ripreso a studiare i faldoni del caso Claps, il grande giallo di Potenza. Per l'omicidio della giovane Elisa, scomparsa e uccisa il 12 settembre del 1993, è stato condannato in via definitiva Danilo Restivo, giovane potentino di origini siciliane condannato in Inghilterra anche per un altro omicidio, quello della sarta Heather Barnett, la sua vicina di casa. «Restivo non può aver ucciso Elisa nel sottotetto della chiesa della Trinità, aver occultato per bene il cadavere sotto una montagna di calcinacci, tegole e materiale edile di risulta, ed essere riuscito a tornare a casa a piedi in poco più di un'ora», sostengono i due giornalisti nel libro-inchiesta che hanno pubblicato poco più di un mese fa per i tipi della EdiMavi: Elisa Claps, Indagine nell'abisso della Chiesa della Trinità. Con gli strumenti del giornalismo investigativo i due giornalisti hanno riesaminato tutta la documentazione a disposizione e verificato ogni piccolo dettaglio. E alla fine sono giunti alla conclusione che Restivo è stato aiutato da qualcuno sia a occultare il cadavere di Elisa sia a farla franca per 17 anni, cioè fino al suo arresto, scattato dopo il ritrovamento dei resti della ragazza nel sottotetto della chiesa il 17 marzo del 2010. Nelle sentenze del processo si sostiene che Restivo ha potuto contare su «ferree coperture familiari». Secondo i giornalisti però è inverosimile che i familiari di Restivo l'abbiano materialmente aiutato a far sparire il cadavere. Qualcuno, poi, deve essersi insinuato tra i gravi errori investigativi e tra le omissioni di chi stava indagando, permettendo a Restivo di partire per l'Inghilterra e commettere un altro gravissimo delitto e, forse, per dirla come Pablo Trincia nel suo podcast "Dove nessuno guarda", «anche un altro». Tracce di sangue repertate nel sottotetto e mai analizzate «per economia processuale», sostengono i giudici, una miriade di reperti scartati e una ricostruzione logico-deduttiva potrebbero ancora oggi provare che in quel sottotetto qualcuno si è mosso per far sparire Elisa. Partendo da questo punto i due giornalisti hanno cercato di mettere in fila i tasselli e hanno scoperto che, mentre le indagini si sono concentrate su chi i resti di Elisa li ha fatti ritrovare (sacerdoti, l'ex vescovo di Potenza e alcuni testimoni legati al rocambolesco ritrovamento), si è fatto davvero poco per scoprire chi ha aiutato Restivo. E mentre le due signore delle pulizie sono state intercettate perfino in Questura, dove in una saletta attendevano insieme al sacerdote brasiliano don Wagno di entrare per un confronto all'americana, agli operai che hanno lavorato nel sottotetto nel 1996 non sarebbe stato riservato lo stesso trattamento. E anche i testimoni che hanno riferito di aver visto Elisa in punti della città lontani dalla chiesa e in orari successivi all'omicidio, contribuendo clamorosamente a spostare il perimetro delle indagini, non sono stati messi alle strette dopo il ritrovamento. Perché 17 anni prima hanno mentito? I due giornalisti si chiedono anche quanto possono aver pesato gli appelli delle autorità che pubblicamente sostenevano di cercare Elisa viva, convinti che si fosse allontanata volontariamente. La parte melmosa del caso, insomma, è questa. «Sappiamo tutto delle prime indagini, come sono state condotte, dove si è sbagliato, cosa non si è fatto, sappiamo tutto dei processi e di cosa non ci è entrato, sappiamo tutto ciò che hanno ricostruito gli investigatori inglesi e ora, dopo tutto il lavoro di ricerca, sappiamo anche tutto ciò che non è stato fatto per individuare chi ha aiutato Restivo», sostengono i giornalisti, che nel libro si chiedono anche come è stato possibile far prescrivere il processo al professor Vincenzo Pascali, il genetista che non trovò il Dna di Restivo sulla maglia di Elisa (poi trovato invece dai carabinieri del Ris) e che è stato indagato per falso in perizia. Il resoconto non risparmia le indagini condotte a Potenza, ma mette nel mirino anche quelle di Salerno. E mentre nella fiction Rai gli inquirenti salernitani vengono rappresentati come particolarmente impegnati a non lasciare nulla al caso, l'inchiesta di Amendolara e Di Vito svela più di qualche imbarazzante scivolone.
Primo Piano
Elisa Claps, nel libro-inchiesta di Amendolara e Di Vito l'abisso mai esplorato in cui si nasconde ancora chi ha aiutato Danilo Restivo
Gli operai che hanno lavorato nel sottotetto della chiesa in cui erano nascosti i resti della vittima non sono stati sottoposti allo stesso trattamento delle signore delle pulizie, dei sacerdoti e del vescovo di Potenza. E così anche i testimoni che avevano visto Elisa lontano dalla chiesa e in un orario successivo all'omicidio
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Pubblicato in data 11-12-2023 | hits (1.740) | da: Nimariani
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