I giovani e la poesia. Intervista a Thomas Usan

D. Come sei arrivato alla poesia?

R. È stata una passione che ho avuto fin da piccolo. Poi però per un lungo periodo ho deciso di accantonarla, per poi riscoprirla durante gli anni del liceo. Da allora non ci siamo più separati. In quegli anni ho iniziato anche a scrivere molto e tutto ciò mi ha portato a vedere la poesia più seriamente. Da qui in poi sono nate le mie due opere.

D. Qual è la silloge che più ti rappresenta? R. Sicuramente la prossima che devo ancora scrivere. Credo fortemente che ogni silloge rappresenti una fase diversa della mia vita. “Le vie per una Gerusalemme perduta” sono una sorta di canto tra la pubertà e la prima giovinezza, in stavo ancora cercando di capire quale fosse il mio posto nel mondo. Invece “Le lucciole” la ritengo un’opera molto più matura, che parla molto di più di temi sociali, senza però dimenticare la parte lirica. Ma mi rendo conto che il mio approccio alla poesia e alla vita sta cambiando ancora, quindi se mai ci sarà una terza silloge credo sarà molto diversa.

D. Come stai promuovendo le tue opere?

R. L’idea è quella di creare una grande presentazione il giorno di Pasqua, in cui, nello stesso edificio, si proporrà un mix con un altro artista locale ma di fama internazionale. Abbiamo molti punti in comune e credo che, oltre a essere efficace, potrà attrarre diversi tipi di pubblico e magari avvicinare altri alla poesia. Poi anche la parte di promozione social acquisisce un livello importante.

D. I giovani, secondo te, sono interessati alla poesia?

R. I giovani potrebbero essere interessati di poesia, ma la poesia e i poeti non sono interessati a loro. Oggi viaggiano su binari completamente diversi e non parlano gli stessi linguaggi. Deve diventare un’esperienza unica come un film o una puntata di una serie tv. La poesia deve essere giovane, e nascere dai giovani, altrimenti rimarrà impolverata come un prodotto di nicchia. È ciò che è successo negli ultimi 20 anni. Ma tutto ciò non significa banalizzarla, anzi credo fortemente che bisogni recuperare un legame con la metrica e con la musicalità delle parole. Ovviamente attualizzandole. Il rischio fortissimo, che purtroppo si sta concretizzando, è quello di far diventare la poesia una prosa spezzata in versi, che si limita semplicemente a vomitare addosso al lettore le proprio esperienze personali. Una poesia deve far avvicinare all’eterno nascosto. E solo i giovani possono dare un contributo importante dopo 20 anni di inerzia.