Un ombrello senza cupola, senza stecche, senza tessuto. Solo aria. Sembra uno scherzo — ma è stato davvero progettato, finanziato… e fallito.
Nel 2014, una startup cinese lanciò su Kickstarter un’invenzione destinata a cambiare per sempre la quotidianità di milioni di persone: l’Air Umbrella, un dispositivo in grado di respingere la pioggia usando un potente flusso d’aria verso l’alto. Nessun tessuto, nessuna struttura metallica. Solo un cilindro hi-tech da tenere in mano, come una torcia futuristica, che creava una "cupola" invisibile.
Il sogno? Un ombrello che non si rompe mai, non si capovolge col vento, e non gocciola mai in casa.
Il funzionamento: tecnologia o fantascienza?
L’idea alla base dell’Air Umbrella era tanto affascinante quanto semplice: una ventola ad alta velocità espelleva aria in verticale a pressione tale da deviarla in una curva circolare, creando una sorta di scudo invisibile attorno alla testa dell’utilizzatore. Le gocce d’acqua venivano deviate lateralmente, tenendo asciutti capo e spalle.
Tre modelli vennero annunciati:
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Versione A: compatta, autonomia 15 minuti
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Versione B: medio formato, autonomia 30 minuti
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Versione C: per due persone, ma... rumorosa
Le illustrazioni pubblicitarie mostravano coppie sorridenti sotto la pioggia con in mano un tubo futuristico che respingeva l’acqua. Le promesse erano chiare: niente più ombrelli dimenticati, rotti, o scomodi in metropolitana.
Il boom su Kickstarter
La campagna fu un successo immediato. In poche settimane l’Air Umbrella raccolse oltre 100.000 dollari, ben più dei 10.000 richiesti. L’idea sedusse media internazionali, influencer e appassionati di tecnologia. BBC, Gizmodo, TechCrunch: tutti ne parlarono.
Sembrava l’inizio di una rivoluzione. Ma era solo una bolla.
I problemi (grandi) mai risolti
Ben presto emersero limiti tecnici evidenti:
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Rumore eccessivo: la ventola produceva oltre 80 decibel, quasi come un’aspirapolvere acceso sopra la testa.
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Autonomia ridicola: anche il modello più performante si esauriva in 30 minuti. Poco utile se piove tutto il giorno.
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Effetto collaterale: l’acqua respinta cadeva… sugli altri. In zone affollate, diventava un’arma anti-sociale.
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Dimensioni e peso: il prototipo pesava quasi 1 kg. Tenere il braccio sollevato diventava stancante dopo pochi minuti.
E poi c’era il vero dilemma: se l’aria respinge la pioggia, dove vanno le gocce? Chi stava accanto all’utente dell’Air Umbrella veniva inevitabilmente inzuppato da schizzi laterali.
La scomparsa misteriosa
Nel 2015, dopo alcuni video dimostrativi e lunghi silenzi, gli aggiornamenti si interruppero. I sostenitori cominciarono a chiedere notizie. I commenti divennero proteste. Ma nessuno rispose più.
Ad oggi, nessun dispositivo Air Umbrella è mai stato consegnato ai backer. La pagina Kickstarter esiste ancora, come un monumento al sogno andato in frantumi. Il sito ufficiale è sparito. L’azienda non risulta più attiva.
La vicenda è diventata un caso da manuale di overpromise tecnologico: promettere l’impossibile, raccogliere fondi, e poi dissolversi nel nulla.
L’Air Umbrella oggi: lezione o ispirazione?
Oggi l’Air Umbrella è spesso citato in blog e conferenze come esempio di invenzione affascinante ma irrealizzabile. Ma per alcuni ingegneri aerodinamici, il concetto resta promettente: con miniaturizzazione e batterie migliori, un giorno potremmo davvero camminare sotto un flusso d’aria asciutta.
Nel frattempo, ha ispirato decine di parodie: dall’ombrello a razzo a quello che spara fiammate per asciugarti in tempo reale. Su TikTok l’hashtag #airumbrella raccoglie milioni di visualizzazioni, tra esperimenti DIY e battute sarcastiche.