Oggi usiamo telecamere, allarmi e sensori per proteggere i nostri beni. Ma oltre 4.000 anni fa, gli antichi egizi avevano già escogitato un sistema di sicurezza ingegnoso per difendere ciò che per loro era più sacro: le tombe dei faraoni.
Alcune piramidi e sepolture della V dinastia erano protette non solo da sarcofagi e sigilli, ma da veri e propri labirinti progettati per disorientare i ladri. Non era solo una questione di muri e porte: era un sistema di illusioni architettoniche, camere false e percorsi trappola che anticipava, in modo sorprendente, il concetto di antifurto moderno.
Il labirinto della piramide di Amenemhat III
L’esempio più affascinante è il complesso funerario di Amenemhat III, nel sito di Hawara. Erodoto lo visitò nel V secolo a.C. e lo definì “più impressionante delle stesse piramidi”, raccontando di 3.000 stanze distribuite su due livelli, con corridoi così intricati che anche le guide si perdevano.
Secondo gli archeologi, molte stanze erano camere finte, progettate solo per confondere. Altre erano riempite di macerie, sabbia o gallerie cieche. Il sarcofago vero era nascosto in un’area quasi irraggiungibile, al termine di una serie di deviazioni e passaggi segreti.
Un sistema a prova di ladro… quasi
Nonostante tutta questa astuzia, molti ladri dell’antichità riuscirono comunque a penetrare in alcune tombe. Ma non senza difficoltà: numerosi corpi di saccheggiatori sono stati ritrovati intrappolati o soffocati in cunicoli senza uscita, dove erano rimasti bloccati per sempre.
Altri erano ingannati da porte finte scolpite nella pietra, o da passaggi verticali che sembravano condurre a camere segrete… ma finivano nel nulla.
Il principio che sopravvive ancora oggi
L’idea di proteggere qualcosa non solo con la forza, ma con l’inganno è ancora usata nella sicurezza moderna: si pensi agli edifici con entrate simulate, ai dati digitali nascosti in architetture “a cipolla”, o perfino agli allarmi che attivano sistemi diversivi.
Ciò che gli antichi egizi avevano capito è che, per scoraggiare un ladro, a volte è più efficace farlo dubitare della sua stessa posizione.