Tra le dolci colline del Canton Friburgo, in Svizzera, si estende il lago di Gruyère, un bacino artificiale nato nel 1948 dalla costruzione della diga di Rossens. Alle sue spalle però c’è molto più della sua superficie azzurra: si narra che, quando le acque sopravvissero antichi villaggi e antiche tradizioni, un carico di monete d’oro, argento e rame rimase imprigionato sotto il livello dell’acqua. Ancora oggi, sub e appassionati di storia si chiedono se sia possibile recuperare quel tesoro dimenticato, oppure se dietro le storie di bauli e casse cariche di conii esiste soltanto un racconto folklore che si tramanda di generazione in generazione. Scopriamo insieme l’enigma delle monete affondate sotto il lago di Gruyère.
1. La nascita del lago e la scomparsa dei villaggi
Nel secondo dopoguerra, la Confederazione decise di sfruttare il fiume Sarine per produrre energia idroelettrica. Tra il 1945 e il 1948 venne costruita la diga di Rossens, che fa emergere le acque nel paesaggio circostante, sommergendo intere frazioni, campagne e un tratto del centro storico del villaggio di Pont-en-Ogoz. Prima dell’inondazione, gli abitanti dovettero abbandonare case, cappelle, mulini e magazzini di cereali; molti portarono con sé tutto il possibile, ma in alcuni angoli remoti si dice siano stati lasciati forzieri, casse e ceste contenenti monete e piccoli oggetti di valore.
Fonti d’archivio municipale raccontano di una raccolta affrettata del bestiame, delle attrezzature agricole e delle suppellettili: ma non esiste alcun documento scritto che menzioni esplicitamente il recupero di contanti o di lingotti. Questo silenzio ufficiale ha alimentato per anni ipotesi e racconti orali.
2. Le leggende locali: monete d’oro e l’antica taverna
I racconti tramandati nei paesi intorno a Gruyère narrano che, nella primavera del 1948, un contadino di Pont-en-Ogoz, chiamato Jean-Claude Bovet, entrò furtivamente con una barca nel cantiere della nuova diga, alla ricerca di vecchi attrezzi smarriti. Raccontò di aver visto, in un angolo poco profondo (circa 3 metri), un baule di legno avvolto in teli cerati. Al suo interno, pareva ci fossero monete di bronzo, argento e forse persino qualche pezzo d’oro: Ken Bessard (storico locale) annotò sul suo diario che il contadino sarebbe riuscito a portare a riva solo alcune monete di rame, prima che i guardiani della diga lo allontanassero con insistenza.
Un’altra versione della leggenda fa risalire il tesoro a un’antica taverna che sorgeva vicino alla chiesa di Pont-en-Ogoz. Secondo i racconti, durante l’occupazione francese (fine XVIII secolo), i proprietari della taverna avrebbero nascosto il denaro guadagnato dalle tasse imposte ai viandanti in casse di legno, con l’intento di trasferirlo in un luogo sicuro. Ma con l’arrivo dei soldati napoleonici e lo scontro con i locali, nessuno tornò a reclamare quel denaro. Spingendosi così oltre, affermano i più, gli avventori fedeli avrebbero deciso di sommergere le casse sotto un argine di pietre, per poi perderne memoria divenendo “tesoro sommerso” quando il livello dell’acqua si innalzò.
3. Ricerche e spedizioni subacquee: tra successo e delusione
Negli anni Sessanta e Settanta, appassionati di subacquea e cacciatori di tesori presero sul serio queste storie. Vecchie riviste svizzere documentano almeno tre spedizioni ufficiali organizzate tra il 1968 e il 1975, autorizzate dal Comune di Pont-en-Ogoz per esplorare le aree più vicine agli antichi porti.
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1968 (Spedizione degli Scout di Friburgo): un gruppo di giovani esploratori, dotati di semplici bombole a circuito chiuso e strumenti elettromagnetici rudimentali, sondò la riva occidentale del lago per circa 200 metri di profondità massima. Trovarono resti di fondazioni di edifici, blocchi di calcare e alcuni oggetti di uso quotidiano (piatti in ceramica, tazze in terracotta), ma nessuna cassa né baule riconoscibile.
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1972 (Associazione Rovineros del Gruyère): coordinata da Jacques Vanier, questa spedizione si concentrò su una zona corrispondente a un antico ponte tortuoso ora sommerso. Le immersioni, però, furono ostacolate dai forti correnti sotterranee: le visibilità calarono a un metro scarsi, e fu rinvenuta solo una moneta di rame dalla leggenda incerta, che venne poi catalogata come “produttore di folklore” piuttosto che prova tangibile.
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1975 (Gruppo Archeologico Svizzero): promosso dall’Università di Friburgo, adottò per la prima volta un sonar a bassa frequenza per mappare il fondale. Grazie a questo strumento, si identificarono decine di anomalie geofisiche che corrispondevano a “oggetti di forma rettangolare” sepolti sotto sedimenti. I ricercatori abbassarono robot subacquei con telecamera, ma ciò che fu filmato si rivelò un sistema di antiche fondazioni in pietra, probabilmente collegabili a un mulino medievale. Nessun tesoro emerse dall’indagine.
4. Analisi storiche: cosa dicono gli archivi
Gli studiosi che hanno analizzato i documenti dell’epoca della costruzione della diga hanno riscontrato:
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Relazione tecnica del progettista, ing. Marcel Eberle (1946): menziona “reperti archeologici” (mattoni e occasionali frammenti) emersi durante i lavori di sbancamento, ma non parla di monete o casse.
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Cronache del parroco di Pont-en-Ogoz, don Étienne Waeber (1948): descrive l’emozione della popolazione per l’inondazione imminente e accenna a “vecchie storie di forzieri”, senza però confermare la loro esistenza.
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Estratti del registro comunale (1947–1949): contengono spese per saggi di scavo archeologico, ma si limitano a pagare artefici per il recupero di reperti in terracotta, attrezzi agricoli e documenti ecclesiastici, senza alcun riferimento a oggetti di valore monetario.
Dal punto di vista ufficiale, quindi, non esiste alcuna prova documentale del ritrovamento di monete d’oro o argento sotto le acque del lago. La storia si basa interamente su testimonianze orali e resoconti di seconda mano che si sono stratificati nel corso di oltre settant’anni.
5. Spedizioni moderne e tecnologia: la ricerca continua
Negli ultimi dieci anni, la diffusione di tecnologie subacquee a basso costo ha rilanciato l’interesse per le monete affondate. I canali YouTube dedicati alla subacquea dilettantistica mostrano esploratori equipaggiati con ecoscandaglio portatile e drone subacqueo in grado di raggiungere i 30 metri di profondità. Tra le zone più frequentate:
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Antiche fondazioni di Pont-en-Ogoz: sezioni del fondo mappate a 12–15 metri, dove si verificano ancora sedimenti fangosi. Alcuni sub hanno affermato di aver trovato più frammenti di anfore e bottiglie di vetro ottocentesche, ma nessun tesoro monetario.
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Riva di Marnand: qui le correnti di sbarramento della diga formano una coltre di detriti che rende scarsa la visibilità. I sonar amatoriali individuarono decine di “piccole anomalie” che potrebbero essere tronchi o scatole di legno in putrefazione, ma nessuno ha finora recuperato nulla di metallico.
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Fronte del villaggio sommerso di Le Crosettes: qui operano gruppi di speleosub che registrano temperature dell’acqua costanti intorno ai 6–8 °C. Secondo alcuni rumor, sarebbe stata individuata una stanza di pietra a 18 metri di profondità, con all’interno una teca di vetro che custodirebbe monete antiche, ma non è mai stato possibile verificarne la veridicità.
Nonostante questi tentativi recenti, nulla di concreto è stato mai recuperato. Molti appassionati continuano però a ritornarci, convinti che sotto il limo si celi un forziere dimenticato.
6. Interpretazioni e scetticismo: tra mito e realtà
Gli scettici sostengono che:
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Le casse di legno lasciate prima del 1948 sarebbero state rapidamente divorate dall’acqua, riducendosi a frammenti senza alcun contenuto riconoscibile.
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Le correnti indotte dalla diga, fino a 20 metri di profondità, avrebbero trascinato eventuali manufatti metallici verso il centro del lago, rendendo il ritrovamento estremamente improbabile.
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Il fondale è saturo di fanghiglia e sedimenti mobili, che coprirebbero qualsiasi oggetto per decenni.
Altri, invece, amano credere benevolmente nel racconto folkloristico, attribuendo alle monete una provenienza più remota: ipotizzano che, prima del Medioevo, lungo la valle dello Zulg, passassero carovane di mercanti dirette verso Ginevra, e che un carico di monete finì nel Sarine in seguito a un’improvvisa frana. Questa tesi, però, non trova conferme archeologiche o documentali.
7. Il fascino del mistero: un richiamo per curiosi e subacquei
Più che il valore materiale del tesoro, è il fascino dell’enigma a spingere ancora oggi molti a organizzare spedizioni: l’idea di poter mettere le mani su monete risalenti al XVIII o al XIX secolo, magari germogliando coniate a Bruxelles o a Berna, è suggestiva. Molti turisti che visitano la regione di Gruyère includono nel loro itinerario un tuffo—ovviamente autorizzato—nel lago, sperando di intravedere, in fondo alla giornata, l’ombra di un baule sprofondato.
A livello locale, ogni estate si organizzano piccole “giornate del mistero sommerso”, con guide che mostrano ai visitatori le aree in cui si dice siano stati avvistati i primi relitti. Alcuni ristoranti propongono menù a tema “tesoro del lago”, con piatti che giocano sui colori del fondo lacustre e presentazioni con piccoli bauli di cioccolato riempiti di caramelle dorate per evocare le monete affondate.