Nel cuore della Mongolia Interna, in Cina, sorge un agglomerato urbano costruito ex novo in pochi anni: Kangbashi, parte della contea di Ordos. Tra il 2003 e il 2010, migliaia di palazzi, uffici, centri commerciali e persino un grande stadio sono sorti dove prima c’era soltanto deserto e praterie. Il problema? Quasi nessuno ci abita. Ecco la storia di una delle più famose città fantasma moderne, un luogo che sembra uscito da un set cinematografico più che da una pianificazione urbana reale.
Origini: il boom del carbone e il sogno di una metropoli
Negli anni ’90, l’area di Ordos venne scoperta come uno dei giacimenti di carbone più grandi al mondo: si stimavano riserve per miliardi di tonnellate. Il governo cinese, attratto dalla prospettiva di ricchezza e sviluppo, avviò un piano di urbanizzazione rapido e ambizioso. In pochi anni, vennero stanziati fondi per costruire una nuova “città modello” destinata a ospitare centinaia di migliaia di persone e a fungere da centro amministrativo e commerciale per l’intera regione.
Nasce così Kangbashi New Area, una zona di quasi 1.500 chilometri quadrati, progettata come un continuum di boulevard ampi, piazze monumentali e complessi residenziali futuristici. I palazzi di ispirazione occidentale, le isole artificiali, i ponti sinuosi e i laghi creati ad hoc avrebbero dovuto richiamare imprenditori, lavoratori e famiglie in cerca di opportunità. In realtà, nei primi anni dopo il completamento, le nuove costruzioni restarono quasi vuote.
Strade silenziose e piazze deserte
Passeggiando virtualmente per le vie di Kangbashi, si percepisce subito un’atmosfera spettrale: le grandi arterie d’asfalto sono prive di traffico; i parchi pubblici, perfettamente curati, sono animati da qualche anziano che cammina al tramonto; i centri commerciali lussuosi hanno vetrine piene ma pochissimi clienti. Addirittura, uno studioso di urbanistica raccontò di aver trovato un’intera libreria nuova, allestita con decine di migliaia di volumi, ma con soltanto pochi lettori occasionali.
Molti edifici governativi restano pieni di stanze vuote: sale conferenze mai utilizzate, uffici pronti per migliaia di impiegati mai arrivati. L’università locale, con campus e residenze studentesche, ha avuto difficoltà a raggiungere la soglia minima di immatricolazioni. Le scuole elementari e medie, progettate per migliaia di alunni, hanno a malapena qualche decina di studenti.
Perché Kangbashi non ha funzionato
Le ragioni sono soprattutto due:
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Speculazione immobiliare e prezzi esorbitanti: Pur essendo stata pensata per attirare popolazione, la maggior parte degli appartamenti venne venduta a prezzi molto più alti rispetto ai redditi medi della regione. Molti acquirenti comprarono come investimento, sperando in un rialzo, ma non avevano alcuna intenzione di trasferirsi realmente. Di conseguenza, case e uffici rimasero disabitati per anni.
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Posizione isolata e mancanza di infrastrutture reali: Nonostante strade ampie, Kangbashi dista oltre 400 km da Baotou, la città principale della Mongoli a Interna, e circa 650 km da Hohhot, il capoluogo regionale. Le linee ferroviarie e gli aeroporti non furono potenziati sufficientemente per renderla facilmente raggiungibile, e la rete dei trasporti interni — autobus, taxi, metropolitana leggera — è ancora minimalista. Molti lavoratori preferirono rimanere nelle aree già abitate, dove servizi e servizi sociali erano più consolidati.
Tentativi di “riscatto” e nuovi sviluppi
Con il passare del tempo, il governo locale e alcuni imprenditori si resero conto che era fondamentale rendere Kangbashi più attrattiva. Negli ultimi anni hanno quindi:
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Ridotto i prezzi delle abitazioni: introducendo incentivi per famiglie a basso reddito e imprenditori disposti a trasferirsi.
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Creato occasioni culturali e turistiche: festival musicali, mostre d’arte contemporanea, gare ciclistiche attraverso i parchi artificiali.
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Promosso l’eco-responsabilità: inaugurando grandi parchi solari e progetti di energia eolica, con l’obiettivo di far diventare la città un simbolo di “città verde” nel Nord della Cina.
Questi interventi hanno cominciato a far muovere qualche camion, qualche taxi e qualche giovane studente interessato a borse di studio offerte dall’università locale. Una trentina di migliaia di persone – tra impiegati pubblici, insegnanti, ricercatori e addetti al turismo – hanno iniziato a popolare gradualmente le strade un tempo deserte. Tuttavia, la densità di cittadini resta molto al di sotto delle previsioni iniziali: Kangbashi, oggi, ha circa 100.000 residenti effettivi, a fronte delle 1 milione previste.
Un simbolo di eccesso e di speranza
Kangbashi è diventata un’icona delle “città dei sogni” costruite troppo in fretta. A livello mediatico, ha attirato l’attenzione di reporter internazionali, fotografi e documentaristi affascinati dall’idea di camminare in una metropoli semivuota, con grattacieli illuminati ma vuoti, semafori funzionanti ma poche auto in sosta ai semafori. Per alcuni urbanisti è un monito: “Non si costruisce una città per i numeri, ma prima di tutto per le persone”.
Allo stesso tempo, per molti abitanti di Ordos Kangbashi è l’ultima speranza di sviluppo: l’investimento in energie rinnovabili, la tutela dell’ambiente desertico circostante e la nascita di piccole imprese (caffè, gallerie d’arte indipendenti, laboratori di artigianato locale) hanno restituito un minimo di vitalità. In un’epoca in cui molte città cinesi soffrono per inquinamento e congestione, l’idea di vivere in spazi ampi, palazzi nuovi e parchi curati comincia a convincere qualche famiglia in cerca di un’alternativa a metropoli affollate come Pechino o Shanghai.