Nel nord della Tanzania, al confine con il Kenya, si estende il lago Natron, un corpo d’acqua salina e fortemente alcalina che ha conquistato gli esploratori e i fotografi per il suo aspetto ultraterreno e le sue proprietà chimiche estreme. Documentato in più di uno studio scientifico e immortalato in numerosi reportage naturalistici, Natron è noto come il “lago di pietra” perché, nelle sue sponde, ogni carcassa di animale in decomposizione si calcifica quasi istantaneamente: la combinazione di alta salinità, pH elevato e temperature molto calde cristallizza tessuti e ossa, creando figure quasi fossili sulle rive rosse e arancioni.
1. Contesto geografico e caratteristiche chimiche
Il lago Natron si trova a circa 600 metri di altitudine nella depressione del fiume Ewaso Ng’iro, parte del Great Rift Valley africano. Ha una superficie che varia stagionalmente tra i 500 e i 1.000 km², a seconda delle precipitazioni e dell’evaporazione?— un fenomeno tipico dei laghi salini posti in zone aride. Ciò che rende Natron unico è la concentrazione di carbonato di sodio, bicarbonato e sali alcalini trasportati dai fiumi che vi confluiscono, in particolare dal fiume Southern Engare Sero.
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pH estremamente elevato: le misurazioni ufficiali ne registrano valori tra 9 e 10,5, simili a quelli di una soluzione di candeggina diluita.
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Temperatura delle acque: in stagione secca può superare i 40 °C lungo la superficie, creando deserti di fanghi salini che sotto il sole africano?«brillano» di riflessi rosati o arancioni.
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Colore variabile: le elevatissime concentrazioni di alghe Microsystis aeruginosa (un cianobatterio) e di microrganismi alofili conferiscono al lago tonalità che vanno dal rosso intenso all’arancione, a seconda dell’angolo della luce solare e della concentrazione salina nel periodo considerato.
Queste condizioni estreme ostacolano la vita di molti organismi, ma hanno creato un habitat perfetto per alcune specie specializzate, in particolare il fenicottero minore (Phoeniconaias minor), che utilizza Natron come sito di nidificazione principale nell’Africa orientale.
2. I “fenicotteri di Natron” e la loro incredibile adattabilità
Ogni anno, tra il mese di luglio e ottobre, migliaia di fenicotteri minori (circa 2–3 milioni di individui) si radunano sulle sponde del lago Natron per nidificare. Le condizioni chimiche dell’acqua e dei fanghi salgono drasticamente in quei mesi, ma per i fenicotteri rappresentano gli unici luoghi privi di predatori terrestri, grazie all’alta alcalinità e alle formazioni saline che rendono difficoltoso l’accesso di carnivori come iene o avvoltoi.
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Riproduzione sincronizzata: le coppie di fenicotteri scelgono isole di fango, dove costruiscono con le zampe dei piccoli tumuli di fango e sale, sufficienti a mantenere l’uovo al di sopra dell’acqua alcalina.
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Alimentazione specializzata: i pulcini e gli adulti si nutrono di crostacei e microalghe capaci di sopravvivere in acque così alcaline, filtrando con il becco la soluzione.
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Minaccia ambientale: negli ultimi anni, l’espansione di impianti industriali per l’estrazione di carbonato di sodio ha messo a rischio alcune aree di nidificazione. Studi condotti dal BirdLife International hanno documentato un calo di circa il 30 % delle coppie nidificanti tra il 1995 e il 2015, attribuibile principalmente a interferenze umane e variazioni climatiche, che hanno ridotto la durata dei cicli di acqua salina elevata necessari alla deposizione delle uova.
Grazie alla particolarità del lago, il fenicottero minore è stato classificato dalla IUCN come specie “Vulnerabile” già dal 2012. Diverse iniziative di conservazione, promosse dal Tanzania National Parks Authority (TANAPA) e dal Ngorongoro Conservation Area Authority (NCAA), mirano a limitare l’estensione delle concessioni di estrazione dei sali e ad avviare progetti di turismo ecocompatibile che coinvolgano le comunità Maasai locali, per favorire la protezione del sito.
3. Il fenomeno della calcificazione: animali pietrificati sulle sponde
Le rive del lago Natron ospitano spesso uccelli, piccoli mammiferi e rettili che, per fatalità o per malaugurata disperazione dovuta alla foce acida, soccombono nelle acque alcaline. In brevissimo tempo (poche ore), i loro corpi si ricoprono di uno strato cristallino di carbonato di sodio e bicarbonato, che conserva intatta la pelle, gli occhi e perfino i colori più vivi. Ne risultano sagome delicatamente posizionate sulle sponde, che paiono statue pietrificate.
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Documentazione fotografica: il biologo italiano Marco Zecchini, del CNR di Pisa, ha pubblicato nel 2009 un reportage fotografico titolato “Lake of Stones”, in cui illustra lo stato di conservazione degli animali calcificati. L’artista ha guadagnato premi internazionali per la resa quasi surreale di queste immagini, che mostrano aironi e cicogne quasi intatti, come in attesa di vita sulle spiagge rosse.
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Studio scientifico: una ricerca del 2016 su Journal of Arid Environments ha analizzato campioni di carcasse di uccelli provenienti da Natron, confermando che la concentrazione di carbonato di sodio al 25–30 % e di bicarbonato di sodio al 15–20 % è sufficiente a inibire rapidamente l’attività batterica, favorendo la mummificazione cristallina delle carcasse in un pH compreso tra 10 e 10,5.
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Impatto turistico ed etico: la visione di queste “stele naturali” ha attirato fotografi e documentaristi da National Geographic (2006, “Eye of the Nemesis”) e BBC Earth (2011, “Natural World: The Alkaline Dead”), ma ha sollevato anche dibattiti circa il turismo predatorio: le autorità tanzaniane hanno dovuto imporre restrizioni negli ultimi dieci anni per evitare che visitatori indesiderati compromettessero l’ecosistema già stressato.
4. Flora e fauna: forme di vita in condizioni estreme
Oltre ai fenicotteri e agli animali pietrificati, il lago Natron ospita comunità biologiche estremofile che prosperano in ambienti con pH alcalino e salinità prossima al saturamento.
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Cianobatteri e alghe alofili: gruppi di Spirulina platensis e Spirulina maxima (cianobatteri commestibili) si sviluppano in superficie, creando un fitto tappeto amebiforme che varia di colore dal verde smeraldo al rosso intenso. Questi microorganismi non solo sopravvivono, ma rappresentano una fonte di cibo per i fenicotteri e di risorse per la popolazione Maasai, che ha tradizionalmente raccolto spirulina come integratore proteico.
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Insetti alofili: specie di chironomidi e microcrostaici valutati nel 2015 da un team dell’Università di Dar es Salaam sono capaci di tollerare concentrazioni saline superiori al 300 ‰ (tre volte la concentrazione del mare), formando colonie che galleggiano sulla superficie.
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Piante termofile sulle sponde: lungo i margini meno saturi di sali, crescono Tamarix nilotica e Atriplex semibaccata, arbusti in grado di tollerare elevate concentrazioni di sodio e che contribuiscono a stabilizzare i sedimenti fangosi, riducendo l’erosione durante le rare ma intense piogge stagionali.
L’insieme di queste specie estreme conferisce a Natron il titolo di “ecosistema alofilo protetto”, riconosciuto ufficialmente dal governo tanzaniano nel 2014, anno in cui è stato istituito il Lago Natron Bird Sanctuary, area protetta di circa 60 000 ettari, gestita in collaborazione con la ONG Frankfurt Zoological Society e con i responsabili delle riserve Maasai.
5. Turismo sostenibile e rispetto delle culture locali
Negli ultimi anni, Natron ha attratto viaggiatori da tutto il mondo per la sua atmosfera surreale: i paesaggi variano dalle acque rosse e argentee all’orizzonte formato dai vulcani del Monte Gelai e del Monte Oldoinyo Lengai (l’unico vulcano attivo di carbonatite al mondo). Per evitare che l’aumento del turismo metta ulteriore pressione sull’ecosistema, sono state adottate misure rigide:
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Autorizzazione obbligatoria per i tour operator: chiunque intenda organizzare escursioni deve ottenere un permesso dal TANAPA, che verifica il numero di visitatori e la destinazione delle guide locali Maasai.
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Accampamenti in aree delimitate: i campeggi autorizzati si trovano a una distanza minima di 5 chilometri dal lago, in modo da ridurre il disturbo ai fenicotteri nidificanti e permettere alle specie alofili di riprendersi durante i periodi di riproduzione.
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Disponibilità di guide Maasai: le comunità indigene, tradizionalmente allevatrici di bovini, offrono servizi di accompagnamento e di spiegazione del territorio, raccontando usi tradizionali legati alla raccolta di spirulina e al ciclo dell’acqua nel Rift Valley.
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Divieto di toccare o rimuovere carcasse: per preservare lo stato di conservazione degli animali pietrificati e rispettare il valore scientifico del sito, è vietato asportare qualsiasi reperto naturale, pena sanzioni amministrative e penali.
Queste iniziative, avviate ufficialmente nel 2017, hanno permesso di conciliare l’interesse per uno dei laghi più strani del pianeta con la necessità di proteggere un fragile equilibrio ecologico e culturale. Oggi, gli escursionisti conoscono Natron come tappa di itinerari che collegano il Parco Nazionale del Serengeti e il Crater Highlands, inserita in pacchetti di viaggio che prevedono notti in tenda sotto cieli stellati e sorveglianza di fenicotteri in volo al tramonto.
6. Minacce ambientali e iniziative di conservazione
Malgrado le misure di protezione, il lago Natron fronteggia alcune minacce principali:
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Progetti industriali per estrazione di sali: dal 2009 sono in corso valutazioni di impatto ambientale per la realizzazione di nuove infrastrutture estrattive di carbonato di sodio e bicarbonato. Nel 2012, il governo tanzaniano ha temporaneamente sospeso due concessioni industriali a nord del lago, a seguito di proteste internazionali e di segnalazioni inviate dal Ramsar Convention Bureau, che ha incluso Natron tra i siti umidi d’importanza internazionale (n. 2088).
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Cambiamenti climatici e siccità prolungata: studi pubblicati nel 2018 dal Tanzania Meteorological Agency hanno evidenziato un calo del 15 % delle precipitazioni annuali nel bacino del Rift Valley negli ultimi 30 anni, con effetti diretti sul livello delle acque e sulla concentrazione salina. Un aumento della salinità oltre il 35 % potrebbe compromettere persino la riproduzione dei fenicotteri, costringendoli a cercare altri siti di nidificazione.
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Pressione antropica crescente: il fenomeno del “turismo mordi e fuggi” durante la breve stagione di nidificazione (luglio–ottobre) impone regole sempre più stringenti: nel 2020 il TANAPA ha ridefinito le fasce orarie di accesso, vietando la visita nelle ore centrali della giornata per evitare di disturbare i fenicotteri durante la deposizione delle uova.
In risposta, organizzazioni come BirdLife International, il Global Nature Fund e la Tanzania Wildlife Research Institute stanno realizzando progetti di monitoraggio satellitare (dal 2019) per misurare l’estensione del biolago e la densità di fenicotteri, identificando le aree più vulnerabili per concentrare le azioni di conservazione. Inoltre, nel 2021 è stato avviato il progetto “Natron e Maasai: reti di conservazione”, finanziato dall’Unione Europea, che coinvolge scuole locali per promuovere programmi di educazione ambientale e formazione sulle tecniche di allevamento sostenibile, riducendo l’impatto del bestiame sulle sponde del lago.
7. Il significato culturale nelle tradizioni Maasai
Fin dai tempi antichi, le comunità Maasai che vivono sulle alture attorno al lago Natron considerano le acque salate un simbolo di rigenerazione e prosperità. Le leggende locali raccontano che, quando la pioggia è scarsa, un anziano del villaggio deve pregare Raia, spirito dell’acqua, per richiamare le nuvole. Gli attacchi di bestiame ai bordi del lago vengono evitati nei mesi di nidificazione dei fenicotteri, perché si ritiene che disturbare i voli degli uccelli porti sfortuna e carestie.
I Maasai utilizzano la spirulina raccolta sulla superficie del lago da almeno tre generazioni, macinandola a mano per ottenere una sorta di farina verde, ricca di proteine e amminoacidi. Questo “pane di spirulina” viene consumato durante le celebrazioni rituali legate al ciclo delle piogge, contribuendo a rafforzare i legami comunitari e a preservare le pratiche ancestrali. Nel 2019, l’UNESCO ha riconosciuto l’importanza di questi usi culturali con un dossier presentato dalla Tanzania, inserendoli nella lista dei “Patrimoni Orali e Immateriali” della regione orientale africana.