All’ingresso dello Stretto di Messina, tra correnti impetuose e fondali irregolari, si ergeva già nel XVII secolo un antico faro che, nei secoli, ha salvato innumerevoli naviganti dal pericolo delle secche e delle rapide. Un maremoto seguito da un violentissimo terremoto nel 1908 provocò però il collasso parziale della struttura: il bastione di pietra affondò e, anziché scomparire del tutto, rimase a pochi metri sotto la superficie.
Oggi quel “faro allagato” non è più visibile a occhio nudo, ma continua a svolgere un ruolo cruciale per le rotte marittime: grazie a tecnologie moderne e a un’installazione modificata, è diventato un punto di riferimento subacqueo per le imbarcazioni che attraversano lo Stretto. In questo articolo esploreremo la storia, la struttura, l’evoluzione tecnica e l’importanza attuale di questo faro sommerso, tra passato remoto e innovazioni del XXI secolo.
Origine e costruzione dell’antico faro
Scelta del sito e primi lavori (XVII–XVIII secolo)
Fin dal Rinascimento, lo Stretto di Messina era una delle vie di transito più strategiche del Mediterraneo: collegava i porti di Napoli, Genova e Venezia con il Levante africano e orientale. Per secoli, le imbarcazioni percorrevano quelle acque strette, dove correnti foucaultiane e vortici subacquei potevano far incagliare anche le navi meglio armate.
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Scelta del promontorio: nel 1624, gli ingegneri del Regno di Sicilia identificarono un promontorio roccioso su cui erigere il primo faro stabile. L’area, chiamata allora “Punta Francese”, prese il nome di “Torre del Faro”
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Realizzazione in pietra locale: i materiali furono estratti da cave nei pressi di Messina e di Reggio; la torre venne costruita a tronco di cono, alta 18 metri, con una base larga quasi 10 metri.
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Sistema di illuminazione originario: il faro era munito di un braciere in pietra ollare, alimentato a olio di oliva e stoppini spessi, che serviva da lanterna fino a venti miglia di distanza nelle notti serene.
Ruolo strategico e manutenzioni (XIX secolo)
Nel corso del Settecento e dell’Ottocento, la torre venne più volte restaurata e innalzata di altri sei metri, dotandola di un occhio di vetro convesso e di un sistema di specchi metallici rotanti, di progettazione francese, che aumentarono il raggio visivo a circa 25 miglia nautiche. Il faro venne inserito nella rete amministrata dalla Guardia Costiera delle Due Sicilie, cui faceva capo un piccolo presidio di guardiani e meccanici.
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Modernizzazione dell’illuminazione (1830): sostituzione del braciere a olio con un faro a gas acetilene, più luminoso e meno ingombrante.
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Sismica e pericolosità locale: fin dall’antichità, l’area era nota per i fenomeni di subsidenza e terremoti di moderata magnitudo; la struttura venne offerta a collaudi periodici per evitare cedimenti.
Il crollo del 1908 e l’inondazione della torre
Il terremoto del 28 dicembre 1908
La tragedia colpì lo Stretto di Messina la mattina del 28 dicembre 1908: un sisma di magnitudo 7.1–7.2, tra i più forti mai registrati in Europa, rase al suolo Messina e Reggio, causando oltre 80.000 vittime. La potente onda sismica fece tremare la Torre del Faro, che perse il terzo superiore e inclinò la parte centrale.
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Maremoto conseguente: il terremoto generò uno tsunami che, in pochi minuti, sommerse la torre fino alla base e spazzò via pontili e barche ormeggiate.
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Il crollo parziale: tra le onde e le scosse successive, la parte superiore cedette e cadde in mare; la sezione inferiore, protetta da massicce fondazioni, rimase però in posizione, a circa 4–5 metri sotto il livello medio del mare.
Primo tentativo di recupero e abbandono provvisorio
Nei mesi successivi, la Regia Marina disposero una missione esplorativa per verificare se fosse possibile rialzare la torre: vennero impiegati sommozzatori armati di picconi e martelli pneumatici. Tuttavia:
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Fondazioni erose: le onde magnetiche del terremoto avevano sbriciolato parte delle fondamenta in pietra calcare, rendendo instabile ogni intervento.
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Condizioni meteo e correnti: lo Stretto di Messina è caratterizzato da correnti profonde e variabili, con fondo scosceso e ridotta visibilità subacquea.
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Decisione di preservazione sommersa: nel 1909, venne stabilito che la parte rimanente della torre, pur non emersa, potesse fungere da riferimento subacqueo e da base per un nuovo impianto di segnalazione.
Da allora, la “Torre del Faro” rimase parzialmente sommersa, vista come monumento al sacrificio, ma anche come risorsa tattica per le navigazioni notturne.
Trasformazione in faro sommerso e guida tecnologica
Adattamenti tecnologici del Dopoguerra
Dopo il 1945, la Marina Militare Italiana avviò un progetto di ristrutturazione dei sistemi di segnalazione dello Stretto. La torre sommersa venne dotata di:
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Segnale acustico a immersione: fu installato, su un piedistallo di cemento appoggiato sulla sommità della sezione subacquea, un dispositivo acustico con compressore a petrolio, capace di emettere colpi di sirena a intervalli regolari.
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Bombola di gas iperbarico: una cassa stagna racchiuse un impianto a gas propano per alimentare un faro subacqueo, cioè una lampada a bassa intensità che, attraverso una lente convessa, fosse visibile anche con condizioni di mare mosso.
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Sistema di galleggianti radar-compatibili: per la seconda metà del XX secolo, furono posizionati intorno alla struttura quattro boe radio trasmittenti, sincronizzate con segnali radar delle unità in transito.
L’installazione del faro LED subacqueo (anni 2000)
Con l’avvento dei LED ad alta efficienza, nel 2003 la Marina decise di sostituire l’impianto a gas con uno subacqueo a diodi color rame, alimentato da pannelli fotovoltaici emersi su piccole boe e da cavi sottomarini collegati alla terraferma. Le principali caratteristiche furono:
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Frazione di consumo energetico: ogni modulo LED assorbiva meno di 5 watt, garantendo visibilità fino a 12 miglia in condizioni di mare calmo.
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Copertura di sicurezza: un sistema di batterie di emergenza interne alle boe permetteva il funzionamento anche in giorni di cattivo tempo.
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Comando remoto: la stazione di monitoraggio di Messina Centro poteva verificare in tempo reale lo stato di funzionamento del faro, controllare flussi di energia e delle condizioni meteo marine circostanti.
Funzioni attuali e importanza per la navigazione
Guida visiva e segnalazione subacquea
Oggi, le navi che transitano nello Stretto di Messina ricevono un duplice segnale:
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Luce subacquea a LED: posta a 4 metri sotto la superficie, emette un fascio verde intermittente (4 secondi accesa, 2 secondi spenta) che, attraverso le acque relativamente limpide dello Stretto, guida la rotta notturna. I navigatori esperti sanno che, in prossimità di quella luce, il fondale passa rapidamente da 20 a oltre 200 metri, quindi prestano massima attenzione.
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Segnale acustico a bolle: emesso da un piccolo compressore sottomarino ogni 30 secondi, aiuta le navi dotate di ecoscandaglio a localizzare il rilievo subacqueo, utile soprattutto in caso di visibilità ridotta o nebbia fitta.
Integrazione con sistemi AIS e radar
Negli ultimi anni, il Sistema Automatic Identification System (AIS) è stato integrato nel faro allagato:
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Trasmettitore subacqueo AIS: un dispositivo radio a bassa potenza, protetto da un guscio in acciaio inossidabile, invia la posizione esatta (coordinate GPS) del faro sommerso alle piattaforme AIS di bordo.
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Compatibilità radar: il dispositivo è dotato di una piccola antenna emergente mascherata come boa, con riflettore radar, presente a una distanza di 50 metri dalla base sommersa, in modo da fornire anche un segnale secondario ai radar navali.
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Segnalazione meteo: i sensori sul faro rilevano anche temperatura dell’acqua, salinità e corrente superficiale, inviando dati alle stazioni costiere per la previsione delle condizioni dello Stretto.
Esplorazioni subacquee e valorizzazione patrimoniale
Immersioni e studi archeologici subacquei
Dal 2010 ad oggi, gruppi di subacquei archeologi e speleosub della Fondazione Stretto di Messina hanno effettuato immersioni per documentare i resti dell’antica torre:
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Mappatura del rilievo: con laser scanner sottomarino, è stata realizzata una ricostruzione 3D delle pietre originarie.
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Campionamenti biologici: sui blocchi di pietra è cresciuta una fauna marina che comprende madrepore e gorgonie. Raccogliere campioni ha permesso di datare alghe calcificate risalenti agli inizi del Novecento.
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Restauro in situ: alcune pietre stabili furono consolidate con resine epossidiche marine, per evitare che l’erosione da onda continuasse a disgregarle.
Progetto di valorizzazione turistica e culturale
Con il rinnovato interesse per i beni sommersi, il Comune di Messina promosse nel 2020 un itinerario turistico che includeva:
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Visite dal battello trasparente: imbarcazioni con scafi in vetro permettono ai turisti di osservare, fino a 5 metri di profondità, la sagoma del faro sommerso.
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Centro visite multimediale: a Torre Faro, un piccolo museo raccoglie cimeli, disegni antichi e modellini del faro, con ricostruzioni in realtà aumentata.
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Percorso di educazione ambientale: studenti e visitatori imparano come le correnti dello Stretto influenzano la flora e la fauna subacquee, ma anche come la storia del faro si intrecci con i terremoti e l’ambientalismo marino.