L’iconico simbolo dello smiley – il faccino giallo con il sorriso – sembra appartenere a tutti: è stampato su magliette, sticker, loghi aziendali, e ha persino ispirato le moderne emoji. Ma pochi sanno che dietro questo semplice disegno si nasconde una battaglia legale internazionale lunga decenni, fatta di brevetti, registrazioni, tribunali e... milioni di dollari.
Tutto comincia negli anni ‘70, quando il francese Franklin Loufrani, giornalista e imprenditore, inizia a usare lo smiley per identificare le notizie “positive” pubblicate sul quotidiano France Soir. Non ci mise molto a rendersi conto del potenziale commerciale del simbolo: lo registrò ufficialmente presso l’Ufficio Marchi nel 1971, e iniziò a venderlo su gadget, abbigliamento e materiale scolastico.
Una faccina da milioni
Nel 1996, Loufrani fondò la Smiley Company, che da allora ha guadagnato centinaia di milioni di dollari in licenze e contratti con aziende di tutto il mondo. Ma non solo: la sua società ha continuato a difendere attivamente il marchio, arrivando persino a denunciare chiunque usasse un faccino simile senza permesso.
Il caso più noto riguarda una lunga e intricata disputa legale con Walmart, colosso statunitense che aveva iniziato a usare una versione dello smiley nei suoi volantini e cartelloni pubblicitari. Dopo anni di battaglie in tribunale, la causa si è conclusa solo nel 2011… con un accordo riservato.
Ma chi l’ha inventato davvero?
Qui la faccenda si complica. Lo smiley, nella sua forma più semplice, era già apparso negli Stati Uniti nel 1963, quando il grafico Harvey Ball lo disegnò per una compagnia assicurativa, per migliorare il morale dei dipendenti. Lo fece per 45 dollari. Ma Ball non lo registrò mai. Fu Loufrani, anni dopo, a capire che quella faccina poteva essere una miniera d’oro – e a depositarla come marchio.
Il risultato? Oggi, la Smiley Company possiede i diritti del simbolo in oltre 100 Paesi, con eccezioni significative come gli Stati Uniti, dove la protezione è più debole.
Anche le emoji sono a rischio?
Con la diffusione degli smartphone e l’arrivo delle emoji, la faccina sorridente ha trovato nuova vita. Ma nonostante la somiglianza, le emoji non violano i diritti dello smiley, almeno finché non riproducono fedelmente il design registrato.
Una curiosità finale: nel 2001, Franklin Loufrani ha ceduto le redini dell’impero del sorriso a suo figlio Nicolas, che ha portato l’azienda nell’era digitale. E ancora oggi, dietro ogni oggetto con uno smile stampato, potrebbe esserci un contratto di licenza.



