Sembra la trama di un film di spionaggio. Eppure è storia vera. Nel 1978, il dissidente bulgaro Georgi Markov venne assassinato a Londra… con un colpo di ombrello. Non una metafora: un uomo lo colpì leggermente alla gamba con la punta di un comune ombrello. Tre giorni dopo, Markov era morto. L’autopsia rivelò una minuscola capsula metallica contenente ricina, un veleno potentissimo.
Da allora si parla del famigerato “ombrello bulgaro”.
Come funzionava?
L’ombrello era stato modificato in modo da:
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contenere un meccanismo pneumatico o a gas compresso;
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sparare una microcapsula avvelenata tramite la punta;
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apparire in tutto e per tutto come un comune ombrello da pioggia.
Nessun rumore. Nessun sospetto. Solo un leggero colpo, come una distrazione tra la folla.
Il dispositivo fu attribuito al KGB, in collaborazione con i servizi segreti bulgari. L’obiettivo? Eliminare un oppositore del regime che usava la radio (BBC e Radio Free Europe) per denunciare il comunismo nell’Europa dell’Est.
Il mistero della capsula
La capsula trovata nella gamba di Markov era grande poco più di un capello, forata con precisione per rilasciare la ricina nel corpo. Una tecnologia che oggi si potrebbe replicare con una stampante 3D di precisione, ma che all’epoca era pura avanguardia ingegneristica.
Ancora oggi nessuno è stato condannato per l’omicidio. Il presunto esecutore, identificato come “Piccadilly Man” da Scotland Yard, è rimasto nell’ombra.
L’ombrello come simbolo
L’omicidio di Markov rese l’ombrello da battaglia uno dei simboli della Guerra Fredda. Da allora è entrato nell’immaginario collettivo accanto a microcamere, valigette con doppio fondo e spie in impermeabile.
Oggi il “Markov Umbrella” è esposto in diversi musei dedicati allo spionaggio, come l’International Spy Museum di Washington.